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2022 – ALEK O.

Parolacce

a cura di Massimiliano Scuderi

Nella sua pratica, Alek O. (Buenos Aires, 1981) fonde la nozione comune di ready-made con l’artigianato, il ricamo e altre forme artistiche tradizionali. In bilico tra trasformazione e conservazione, spoglia gli aspetti visivi comuni degli oggetti e li sostituisce con l’astrazione geometrica. Invertendo la prospettiva del design, l’artista privilegia la ricreazione alla creazione e la decostruzione alla costruzione.

La mostra, curata dal direttore artistico della Fondazione Massimiliano Scuderi, tende a privilegiare il riappropriarsi da parte dell’autrice, al di là dei paradigmi del quotidiano, di un tempo più nascosto e meno frequentato: Il tempo per mostrare se stessa nel suo rovescio.

Alek O. è interessata alle cose, e non agli oggetti, perché ‘le cose’ hanno un significato più ampio, rappresentano tutto ciò che sta’ a cuore, che può essere discusso in pubblico perché tocca il bene comune, come dice il filosofo Remo Bodei. Sono materiali elaborati, costruiti dall’uomo, che lavora secondo culture e tradizioni artigianali che vengono declinate in un alfabeto personale ed intimo, dando voce a nuove possibilità per gli altri, come strumenti evocativi e simbolici.

Alek O. attende il suo tempo smontando e rimontando arazzi, costruendo strutture totemiche, sovvertendo le regole della geometria, replicando modalità che legano l’artigianato alle avanguardie storiche.

Il titolo si riferisce all’eccezionalità della parolaccia, come di un tempo ricreativo ed infantile, un atteggiamento che sembra far riscoprire l’arte della perifrasi, cioè  del modo attraverso il quale rendere meglio comprensibile la realtà evitando gli eufemismi. La parolaccia rappresenta un’elaborata stranezza dietro alla quale si cela l’espressione più originale.

Gli oggetti, scelti per la loro qualità emotiva, sono sottratti al loro impiego originale e quotidiano: il legno da una libreria, il metallo da una chiave scartata, la lana da un maglione o da una coperta usati. Così, le opere servono come metonimia per l’artista, o per le persone che hanno avuto un legame con il materiale.

La mostra sarà visitabile dal 9 Aprile al 9 Luglio 2022, nel rispetto delle misure anti-Covid  19.

Data

Dal 9 Aprile al 9 Luglio 2022
La Mostra sarà visitabile nel rispetto delle misure anti-Covid  19

Luogo

Fondazione Zimei

Biografia

Alek O. vive e lavora a Milano, dove ha conseguito la laurea in Design al Politecnico.

Le opere dell’artista sono state esposte in numerose occasioni a livello istituzionale, tra cui:
Io dico io – I say I, curata da Cecilia Canziani, Lara Conte e Paola Ugolini, Galleria Nazionale di Arte Moderna e Contemporanea, Roma (2021); Unquiet Moments: Capturing the Everyday, The Courtauld Institute of Art, Sommerset House (2020); Appocundria, curated by Marta Cereda, Casa Testori, Novate Milanese (2019); Per andare dove dobbiamo andare, dove dobbiamo andare?, Nomas Foundation, Roma (2018); Into The Wild, curated by Christiane Rekade, Kunst Meran, Meran (2018); ALL’APERTO – 3 artiste per Trivero, curata da Barbara Casavecchia e Andrea Zegna, Fondazione Zegna, Trivero (2017); Ma l’amor mio non muore, Opere dalla Collezione Alloggia (Roma), curated by Rita Selvaggio, Casa Museo Ivan Bruschi, Arezzo (2016); La seconda volta, curata da Cristiana Perrella, 16th Art Quadriennial, Roma, Palazzo delle Esposizioni (2016); Art Situacions III, SPAIN / ITALY, curata da Vicente Todolì, Maria de Corral, Lorena Martinez de Corral, Ilaria Gianni, Villa Croce, Genova, MACRO, Roma; Ennesima, curated by Vincenzo de Bellis, Triennale di Milano, Milano (2015); Le regole del gioco, curata da Luca Lo Pinto, Studio Castiglioni, Milano (2015); The Go-Between – artists from the Ernesto Esposito collection, Museo di Capodimonte, Napoli (2014); D’après Giorgio, curata da Luca Lo Pinto, Fondazione Casa Giorgio De Chirico, Roma (2012); Everything old was once new, National Trust, Arts Council Collection, Worcester (2012); To see an object, to see the light, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Guarene (2012); Domesticity, Prague Biennale 5, Prague (2012); V Bienal de Jafre, Spain (2012); Exhibition Exhibition, Castello di Rivoli, Rivoli, Torino (2010); Territoria 4, The Great Leap, Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, Prato (2009); La legge è relativa per tutti, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Guarene (2007); 5th Shenzhen International Ink Painting Biennal, The Black Theater, E-6, Shen Zhen (2006); J’en rêve, Fondation Cartier pour l’art contemporain, Pargi (2005); Mappae mundi, Fondazione Antonio Ratti, ex-chiesa di San Francesco, Como (2003).

Alek O. ha ricevuto il Premio Lissone / Premio Editoriale Exibart nel 2018. Nel 2017, ha conseguito il Premio Level 0 di ArtVerona, e la Special Mention Under 35 della 16esima Quadriennale d’Arte di Roma. Nel 2013 è stata tra i finalisti del Premio Moroso. E’ stata artista-in-residenza presso Flux Factory Inc. (Long Island, New York) e Helsinki International Artist-in-Residence Program (Helsinki, Finlandia) nel 2010. Nell’aprile 2022, Alek O. terrà una personale presso Fondazione Zimei, Pescara. Il primo ‘solo show’ presso Martina Simeti, Milano è previsto nella primavera del 2023.

2021- Frank Scurti _ The Pescara’s recordings

a cura di Massimiliano Scuderi

La Fondazione Zimei apre la stagione autunnale presentando la mostra The Pescara’s recordings, curata da Massimiliano Scuderi, nella quale l’artista Franck Scurti opera un racconto divergente della realtà urbana tramite la restituzione di grandi installazioni site-specific.

L’autore, nel suo lavoro, attua una risemantizzazione di vari elementi, da lui definiti ‘’già socializzati’’, spesso appartenenti al contesto quotidiano e urbano. Questo progetto specifico, nasce da una ricerca operata sul territorio e parte dall’idea dell’artista di raccontare il ‘’brusio’’ della città; ovvero il rumore di fondo – costituito da frammenti di materiali e scarti dell’edilizia – che plasticamente ‘suona’ in modo costante nello spazio urbano ed è peculiare ad ogni luogo.

Franck Scurti partendo da maquette realizzate sagomando il packaging di prodotti di consumo, come forma del vuoto intercluso, risultante tra le cose e le forme, opera tramite un processo di ricerca libero e spontaneo con il quale riscrive e ridefinisce i rapporti tra elementi, oggetti e materiali; questi quindi si trovano a dialogare tra loro dando origine a suggestioni nuove.

Nella mostra, più che raccontare la realtà, Franck Scurti mira, tramite lo strumento dell’ironia e dell’associazione imprevista, a contrastare l’evidenza del visibile per andare oltre la realtà sensibile.

Si è invitati ad entrare in rapporto con le installazioni, e a sperimentare attivamente le suggestioni date dai lavori.

Data

Sabato 09 Ottobre 2021 | ore 18.00

La mostra sarà visitabile su appuntamento fino al 15 Gennaio 2022, con le regole e nei limiti stabiliti dalla normativa Anti-Covid 19.

Luogo

Fondazione Zimei

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2021 – Ugo La Pietra

Abitare è essere ovunque a casa propria

a cura di Massimiliano Scuderi

 

I rapporti tra interno ed esterno degli spazi antropizzati, e le numerose implicazioni che regolano il nostro modo di abitare la città contemporanea, costituiscono il tema principale della retrospettiva dedicata ad Ugo La Pietra. Nato a Bussi sul Tirino, milanese d’adozione, La Pietra – figura eclettica sempre sul confine tra i linguaggi che vanno dall’arte al design radicale, passando per l’architettura – ha sviluppato fin dal’62 un’attività tendente alla chiarificazione e definizione del rapporto “individuo-ambiente”. Tra i più importanti esempi di lucida riflessione sulle criticità e sulle potenzialità dell’ambiente urbano, le sue proposte di uso alternativo degli spazi della quotidianità rappresentano a tutt’oggi una fonte inesauribile di ispirazione per le nuove generazioni di creativi.
Le teorie e le esperienze di fusione tra arte e vita delle avanguardie storiche costituiscono l’ossatura del suo lavoro, dove il pensiero dell’arte diventa il luogo della partecipazione e della promessa di emancipazione di una comunità a venire, tra etica, estetica e politica.

 

La mostra, curata da Massimiliano Scuderi, rappresenta una nutrita selezione di opere dell’artista e architetto dagli anni settanta ai giorni nostri. Inoltre nel giardino della Fondazione Zimei, a partire dalle ore 21 dello stesso giorno, sarà possibile vedere il film “Riappropriazione della città”, presentato nel ’77 da Ugo La Pietra al Centre Pompidou di Parigi, in cui cercava di dimostrare il modo di riappropriarsi della città con operazioni comportamentali e mentali. Un atteggiamento che riconduce il suo lavoro ad una matrice situazionista in cui si possono risentire gli echi di certe teorie di eversione creativa nella quotidianità come quelle espresse da Michael De Certeau o da Jacques Ranciere. Interventi che mirano ad una riappropriazione dello spazio urbano come di uno spazio abitativo personale. Già nella seconda metà degli anni sessanta, come egli stesso dichiara in un’intervista, vari artisti cominciano a intervenire fuori dal sistema dell’arte. E’ allora che si aprono orizzonti di tipo operativo che nascono attraverso riflessioni su una teoria del lavoro dell’artista nel sociale al di fuori delle istituzioni e delle gallerie…Si tentava di agire all’interno del sociale cercando gli strumenti per fare emergere le contraddizioni .
La mostra sarà aperta fino al 2 Settembre e sarà visitabile ogni giorno su prenotazione, in base alle normative ed entro i limiti stabiliti dalla normativa anti-Covid.

Data

Venerdì 2 Luglio 2021 | ore 18.30
ore 21.00 Proiezione del Film La riappropriazione della città

Luogo

Fondazione Zimei
Via Aspromonte, s.n. – Montesilvano (PE)

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2020 – Campostabile, unfurniture

A cura di Massimiliano Scuderi

 

La grande mostra personale del giovane duo, composto dai siciliani Mario Campo e Lorena Stabile, inaugura la nuova programmazione della Fondazione Zimei, che riprende così la normale attività espositiva e di ricerca attraverso una riflessione sullo statuto dell’oggetto e su tutte le implicazioni che comporta la sua messa in opera all’interno di uno spazio espositivo.

 

La mostra curata da Massimiliano Scuderi è improntata sull’ambiguità tra design e arte, da cui il titolo che si riferisce precisamente alla tradizione minimalista, in quest’occasione declinata dai due artisti in chiave mediterranea. I Campostabile  intendono così offrire agli occhi dei visitatori una serie di grandi lavori site-specific, che nascono dalla loro esperienza del luogo, dalle caratteristiche specifiche dell’architettura, secondo una visione in cui la scultura non domina lo spazio ma si relaziona ad essa attraverso l’esperienza quotidiana. Vengono a mescolarsi così suggestioni grafiche e plastiche, materiche e sublimate, ma viene anche recuperata la gestualità nella ricerca della forma. Una serie di tecniche, le più disparate, hanno permesso la realizzazione di oggetti e di immagini come frammenti, pixel di una nube creativa, in cui ogni corpuscolo esprime un’idea, uno spunto, un’intuizione. Dalle immagini metalliche alle grandi stampe colorate, i Campostabile uniscono cultura alta e cultura underground, dalla pittura al design, dalla scultura alla moda e oltre. Nelle loro opere  inevitabilmente si coniugano la Metafisica accanto alle composizioni orientali, ma anche lucentezze che fanno brillare nuovamente il ricordo delle opere pop dei primi Richard Hamilton ed  Edoardo Paolozzi.

Architetture di stoffa, come vestiti architettonici con geometrie colorate, simulano  panneggi di gusto classico. I colori realizzati con tecniche al limite dell’alchimia, prese in prestito dalla cucina molecolare, sono ispirati dal territorio: vengono così ottenuti i gialli dallo zafferano, i blu dal cavolo cappuccio o i rossi dal peperoncino. Un processo pittorico e scultoreo che attinge alla tradizione  del sampling e della new aesthetics, sottraendo parti, frammenti di cose già esistenti che vengono riformulate in zone di pittura.

 

La Fondazione Zimei adotterà le misure anti-Covid 19 previste per permettere la visita del pubblico alla mostra, il personale misurerà la temperatura prima di accedere ai locali della mostra e contingenterà il numero di persone. E’ obbligatorio l’uso della mascherina.

Data

Opening Sabato 26 Settembre ore 18.30

Luogo

Fondazione Zimei

Via Aspromonte 4 – Montesilvano Colle (Pescara-Italy)

CAMPOSTABILE Bio

CAMPOSTABILE è un duo artistico formato da Mario Campo (Alcamo, 1987), laureato allʼAccademia di Belle Arti di Palermo in Graphic Design, e Lorena Stabile (Alcamo, 1989), laureata allʼAccademia di Belle Arti di Palermo in Pittura.

CAMPOSTABILE nasce nel 2012 dalla frequentazione de “l’Osservatorio”, luogo di incontro e verifica istituito presso l’Accademia di Palermo da Daniela Bigi, Toni Romanelli e Gianna di Piazza e si consolida con la prima mostra a Palermo nello spazio di l’A project space.

Nel proprio lavoro creano un personale dizionario visivo abbandonando la riconoscibilità dei singoli elementi per lasciar spazio allʼarbitrarietà del gesto, che giustappone ed assembla il materiale, riadattandolo a forme nuove nella possibilità di forzarne i limiti ibridano il loro linguaggio spesso con la tecnologia, il design e la cucina, esplorano il linguaggio della pittura nella sua forma più estesa e negli elementi che la costituiscono, in una rete di relazioni e di rimandi cercando un superamento del tabù legato alla tradizione.

Le loro mostre recenti includono:  Immersione libera, Bagni Misteriosi, Milano (2019);

Tutto porto / Lo spazio cristallino del tungsteno, Palazzo Briuccia, Palermo (2018);  Liber Fare Museo Del Segno E Della Scrittura, Torino / Palazzo Ziino, Palermo(2018);  Varie dal km classico, MOON, Castello di Carini, Carini (2017);  Rilevamenti 1, Camusac, Cassino, (2016); “La struttura alare del calabrone non è adatta al volo, ma lui non lo sa e vola lo stesso”, Fondazione per lʼArte, Roma (2016);  PRE-VISIONI 2, Fondazione Puglisi Cosentino, Catania (2016);  Museo delle Palme, Palermo/Roma (2015); Pianeta X, Museo Riso, Palermo (2015);  Compostabile x Amorlab, Amorlab, Palermo (2015); “Debut”, Teatro Garibaldi, Palermo (2015);  Give Way to Give a Way”, Schau Fenster, Berlino (2014);  Xenia, Venezia/Palermo (2014);  Aziza, ZAC, Zisa Zona Arti Contemporanee, Palermo (2013); “Invasioni”, Museo Riso, Palermo (2013);  Zeitformen L’A Project Space, Palermo (2012);

 

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2015 – The Fountainhead

Dialogo tra Hans Schabus e Massimiliano Scuderi su Das letzte Hemd presso la Fondazione Zimei_ Settembre 2015

M.S.: Partiamo dal titolo del lavoro.

H.S.: Il titolo di questo lavoro è Das letzte Hemd che significa ” l’ultima camicia”, l’ultima cosa che tu dai, l’ultima cosa che possiedi.

Ho iniziato ad interessarmi a come in Sri Lanka le persone lavavano gli indumenti. Spesso li lasciano asciugare sui tetti delle case in quanto fa caldo durante la giornata e lì si asciugano abbastanza rapidamente. E’ molto bello da vedere se tu attraversi il Paese in treno, così come ho fatto io, e hai la possibilità di osservare molti tetti coperti con i vestiti della gente. Qualche volta quando non li mettono sui tetti, li stendono a terra in giardino. Ciò che non ho mai visto lì sono i fili per stendere i panni, non so per quale motivo loro non usino mai cose del genere. Per la situazione dove ho svolto la mia residenza c’era un parco con le palme ed ho pensato ad un filo per i panni semplicemente per collegare gli alberi e per usare queste corde, che loro usano ovunque, fatte di fibbre di noce di cocco. Nei supermarket puoi trovarne in materiale riciclato e tutte di colori differenti, sei circondato dal colore. Così ho preso molte corde differenti e le ho collegate tra di loro insieme, e ancora ho collegato le palme presenti nel giardino della residenza, nel luogo dove stavo. La Fondazione One World è una guesthouse ayurvedica, e le persone che lavorano lì usano indossare una maglietta blu scuro uguale per tutti con il loro nome scritto sopra.

Così anch’io volevo avere la mia maglietta con il mio nome ricamato, ne ho presa una e ho scritto il mio nome in modo speculare, così che tu puoi leggerlo solo se ti guardi allo specchio. Insomma scritto così semplicemente non posso leggerlo. Questo rispecchia la situazione durante questa residenza. Stavo lì ed ero concentrato sul mio stesso lavoro e sul riflesso del mio lavoro in quel posto, piuttosto che lavorare per rendere il soggiorno delle persone confortevole come gli altri ragazzi erano soliti fare. Questo era all’incirca il lavoro.

 

M.S.: Qual è la relazione tra la nuova installazione qui e l’altra?

H.S.: La nuova è che quando sono stato invitato da te per prendere parte a questa mostra e tu mi hai mandato le prime fotografie del luogo, io ho pensato immediatamente allo Sri Lanka. In qualche modo perché è una situazione così bella, una specie di contesto vacanziero, io vengo dall’austria e questa sembra simile ad un momento di villeggiatura! Quindi c’era una forte relazione tra questi due posti improvvisamente e quando ho appreso che Zimei era anche una realtà imprenditoriale legata agli hotel e alle vacanze, ha avuto ancora più senso mostrare questo lavoro.

 

M.S.: però è anche un po’ come lo specchio dello Sri lanka qui, giusto?

H.S.: Si, certo. E’ lo specchio dello Sri Lanka, qui il lavoro acquista un altro livello di lettura perché in Sri Lanka ero solito stare in un piccolo edificio con grandi alberi, solo con me stesso. Il filo con la maglietta, alla fine della mia residenza, era una riflessione sul mio stare lì ma anche una sorta di “arrivederci scenario”. Quindi era come se dicessi vado via, porto via tutto, rimane solo la mia maglietta, l’ultima cosa di me. E qui ho trovato la situazione di una casa vuota dove tutti sono andati via e qualcos’altro sta succedendo nuovamente, è in atto un cambiamento, questo posto può essere interpretato come lo scenario di qualcosa che sta cominciando e di qualcos’altro che ha lasciato l’edificio. In questo senso è differente, ma anche similare all’altra situazione.

Trad. dall’inglese di M. Scuderi

Data

17.10.2015 ore 18.00
la mostra sarà visitabile fino al 20.12.2015 su appuntamento

Luogo

Fondazione Zimei

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2018- Liza Bear

The making of Avalanche (and what followed)
Resistance & Romance in NYC

Sabato 9 giugno a partire dalle ore 19, sarà presente, alla Fondazione Zimei, la scrittrice, fotografa e filmmaker americana Liza Béar.

Fondatrice, con Willoughby Sharp, della storica rivista d’arte “Avalanche” di New York, ed attualmente editor della rivista Bomb, Liza Béar ha concepito il suo intervento presso la Fondazione Zimei in due momenti, in cui si parlerà di “The making of Avalanche (and what followed) e “Resistance & Romance in NYC”.
La celebre rivista Avalanche ha esplorato l’arte concettuale e altre forme artistiche come la performance art e la land art, dalla prospettiva dell’artista. Era, infatti, concepita come una pubblicazione per gli artisti che potevano parlare del proprio lavoro senza l’intervento di critici, curatori o storici dell’arte. La rivista è stata pubblicata tra il 1970 e il 1976.
I suoi film sperimentali e video come Oued Nefifik: A Foreign Movie (1982), Earthglow (1983) e Force of Circumstance (1989) sono stati mostrati all’ Edinburgh International Film Festival, al Festival of the Other Avant-Garde, alla Biennale di Såo Paulo e tra gli altri anche presso The Kitchen and the Museum of Modern Art di New York.
L’appuntamento di sabato si inserisce all’interno della mostra “Unfake Connections – Carol Goodden, Trisha Brown, Gordon Matta-Clark”, inaugurata nello spazio espositivo della Fondazione Zimei lo scorso 26 maggio. L’esposizione, curata da Harold Berg, membro del comitato per la fotografia del Whitney di New York, e da Massimiliano Scuderi, direttore artistico della Fondazione Zimei, intende approfondire il clima di sperimentazione artistica e di contaminazione linguistica della New York degli anni Settanta, privilegiando le relazioni e le ricerche di tre grandi talenti dell’arte occidentale: Gordon Matta-Clark, Carol Goodden, Trisha Brown.
L’inaugurazione del 26 maggio, realizzato in collaborazione con ACS Abruzzo circuito Spettacolo e il gruppo e-Motion, ha visto la partecipazione di Carol Goodden, una delle interpreti della scena artistica di quegli anni, danzatrice della Trisha Brown Dance Company, tra i fondatori del celebre ristorante Food di New York, laboratorio di sperimentazioni e relazioni artistiche. La mostra sarà visitabile su appuntamento fino al 2 luglio.
L’evento nasce dalla convenzione sottoscritta tra i due enti, L’ACS Abruzzo Circuito Spettacolo e la Fondazione Zimei, nell’ambito del progetto di residenze “ZONE LIBRE_ azioni di sostegno alla creazione contemporanea”, del Mibact e della Regione Abruzzo. Il progetto permetterà alla Fondazione Zimei, grazie alla collaborazione con il circuito ACS, di ampliare il proprio raggio di ricerca artistica potendo così spaziare, come in quest’occasione, tra i vari linguaggi artistici contemporanei come la danza, la musica e le altre arti dal vivo, permettendo ai grandi talenti nazionali e internazionali di poter risiedere in un luogo in cui produrre opere inedite e multidisciplinari.

Data

Sabato 9 Giugno | ore 19.00

Luogo

Fondazione Zimei

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2018 – Luca Vitone

Impossible Community

A cura di Massimiliano Scuderi

A cura di Massimiliano Scuderi

Reduce dall’importante antologica che la città di Milano gli ha dedicato, al PAC, al Museo del Novecento e ai Chiostri di Sant’ Eustorgio, Luca Vitone torna a Pescara con la personale The Impossible Community, a cura di Massimiliano Scuderi, presso la Fondazione Zimei.
Genovese di nascita, di base a Berlino, è considerato uno degli artisti più interessanti degli ultimi decenni nel panorama italiano ed internazionale, con mostre nei più importanti musei europei e partecipazioni a varie edizioni della Biennale di Venezia.

La sua ricerca, iniziata alla metà degli anni ottanta, si incentra su alcune tematiche importanti quali l’esperienza dei luoghi in relazione alla memoria, alle identità culturali e al nomadismo.
Per l’occasione ha inteso approfondire un suo interesse ricorrente legato alla cultura nomade, nel senso più ampio del termine, accostando alcune opere a documenti che testimoniano un’esperienza simile vissuta da una delle figure più importanti delle seconde avanguardie del novecento ovvero l’artista Pinot Gallizio. Fondatore dell’internazionale situazionista, affrontò la questione di rom e sinti sul piano etico, oltre che culturale, e tale fu il suo coinvolgimento che gli altri artisti situazionisti e la stessa comunità “zingara” di Alba, sua città natale, lo salutarono come “il principe degli zingari”.
Per il rispetto del diritto alla sosta dei rom, portò la battaglia dal piano culturale a quello politico e civico, fin dentro al consiglio comunale di Alba, offrendo un terreno sulle rive del Tanaro di sua proprietà alla comunità rom. Il progetto del villaggio che seguì alla donazione, venne riconosciuto dalla critica internazionale come matrice teorica dell’utopia urbana New Babylon dell’artista Constant.

The Impossible Community è articolata quindi come un percorso parallelo che lega la personale visione di Vitone a quella di Gallizio attraverso progetti, quadri, fotografie, oltre ad un’importante  documentazione fatta di carteggi appartenenti all’Archivio storico di Pinot Gallizio di Torino.
Tra le opere pensate per la mostra di Vitone presenti in mostra anche una grande scultura, un mappamondo colorato di blu e verde, recante al centro una ruota, icona simbolo della cultura rom e della mobilità, che lo stesso Vitone ha scelto quale vessillo della sua ricerca artistica.

In piena coerenza con la tradizione situazionista, nei giorni precedenti e quelli immediatamente successivi all’opening, saranno inoltre affissi per tutta la città di Pescara i manifesti recanti il ritratto di Pinot Gallizio vestito da “principe degli zingari”.

La mostra sarà visitabile fino al 20 Maggio 2018 su appuntamento

in collaborazione con

con il Patrocinio di

Data

Sabato 7 Aprile 2018 | ore 18.30

Luogo

Fondazione Zimei

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2018 – UNFAKE CONNECTIONS

Carol Goodden | Trisha Brown | Gordon Matta-Clark

A cura di Harold Berg e Massimiliano Scuderi

New York negli anni sessanta e settanta è stata l’incubatrice di movimenti e linguaggi artistici d’avanguardia come la Pop Art, la MInimal e la Conceptual Art. La mostra, curata da Harold Berg, membro del comitato per la fotografia del Whitney di New York, e dal direttore della Fondazione Zimei Massimiliano Scuderi, mira ad approfondire il clima di sperimentazione artistica e di contaminazione linguistica di quel momento storico, privilegiando le relazioni e le ricerche di tre grandi talenti dell’arte occidentale.

Gordon Matta-Clark, figlio del pittore cileno Roberto Matta e dell’artista americana Anne Clark, divenne famoso attraverso il suo personale metodo di sottrazione di parti di architetture, che tagliava e bucava, creando delle vere e proprie sculture. Creò insieme ad altri artisti l’Anarchitecture, movimento che fondò applicando il concetto di anarchia all’ architettura; le sue opere sono presenti in tutti i musei del mondo ed è considerato un punto di riferimento imprescindibile nella storia dell’arte contemporanea. Trisha Brown, scomparsa di recente, è stata coreografa e danzatrice, considerata artista a tutto campo per le caratteristiche specifiche delle sue performance, attente ai linuaggi visivi oltre che a quelli del corpo e della danza. Riuscì ad elaborare un suo personale stile, amato sia dall’Opera di Parigi che da artisti suoi amici come Donald Judd o Laurie Anderson. Carol Goodden, artista e moglie di Gordon Matta Clark, conosciuta come fotografa e interprete delle coreografie del Trisha Brown Dance Company di New York, svolse un ruolo fondamentale in questo contesto. Insieme a Tina Girouard e Gordon Matta-Clark fu fondatrice di FOOD,  un importante ristorante a SoHo, New York, all’incrocio tra Prince e Wooster street, un luogo in cui gli artisti potevano incontrarsi e gustare il cibo insieme.

FOOD è stato anche definito un “punto di riferimento nella storia e nella mitologia di SoHo negli anni ’70” . Dice Carol Goodden in un’intervista recente:FOOD era una  “scultura vivente”, non era solo un luogo in cui mangiare, era un luogo per pensare. Un luogo in cui incontrarsi, discu­tere idee, fare coreografie, scrivere, creare o osservare suoni (alcuni lavapiatti nel retro di FOOD, che faceva­no parte del Philip Glass Ensemble, registrarono i suoni delle stoviglie mentre venivano lavate). Per esempio alcune ossa di animale nelle mani di Gordon Matta-Clark sono diventate The Bone Dinner, sono state passate al lavapiatti, poi al gioielliere (il braccio destro di Rauschenberg, Hisachika Takahashi) che le ha infilate in una collana di corda di canapa in modo che il mecenate avesse la possibilità di indossare la sua cena a casa. Una tra­sformazione costante.

La mostra presenta oltre settanta opere dei tre artisti, insieme ad una nutrita sezione di documenti inediti e di oggetti che testimoniano la qualità delle relazioni intercorse tra gli autori. Un percorso tra fotografie, disegni e progetti, opere famosissime, come Hair Play od Office Baroque di Gordon Matta-Clark. Un’altra parte della mostra sarà dedicata alla documentazione completa di FOOD, con la riproposizione di alcune ricette originali fornite dalla Goodden stessa; concludono il percorso una sezione video con filmati inediti dei tre artisti ed un workshop in collaborazione con ACS Abruzzo Circuito Spettacolo di Teramo.

Carol Goodden sarà presente all’opening della mostra e, nei giorni precedenti, terrà una conferenza presso l’Accademia Nazionale di San Luca, evento promosso dalla Fondazione Zimei in collaborazione con l’importante istituzione romana.

La Mostra sarà visitabile su appuntamento fino al 2 Luglio 2018.

Data

Sabato 26 Maggio | ore 18.30

Luogo

Fondazione Zimei

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2017 – Peter Fend

Change of the World starting in Tel Aviv

a cura di Massimiliano Scuderi

La conferenza presso il mercato ittico di Pescara, sarà seguita alle 21.00 dall’opening della personale di Peter Fend presso la Fondazione Zimei a Montesilvano Colle a cura di Massimiliano Scuderi. La mostra si presenta avvolta da un grande mistero legato ad una oscura vicenda di un pacco contenente materiale di studio dell’artista statunitense a Tel Aviv.
Nel pacco erano contenuti i materiali di un’esposizione di Fend con la sua organizzazione TVGOV (television government) presso il museo Artport che sembrano strettamente collegati alla copertina della rivista Economist del 20-26 Maggio 2017 relativa alla risoluzione del conflitto israelo-palestinese. Il pacco inviato in Italia viene rimandato indietro per ben due volte per poi essere recapitato, con la sorpresa di tutti, ad una galleria d’arte di Basilea. Al di là del dilemma, la mostra presenta parte degli studi relativi alla ricerca dell’artista che da decenni, tra considerazioni di natura geopolitica e progetti di architettura e bioingegneria, presenta in contesti internazionali le sue visioni transdisciplinari per un nuovo destino delle nazioni e del mondo.
Tra i lavori esposti anche un video dell’artista intitolato “Grazie Mille”, dedicato al Mare Adriatico e all’artista Vito Acconci da poco scomparso.

Data

14.06. 2017 | ore 21.00

Luogo

Fondazione Zimei

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2017 – Noritoshi Hirakawa

Before we get this far

A cura di Massimiliano Scuderi

Noritoshi Hirakawa, nato a Fukuoka nel 1960 e residente dal ’93 a New York, è il nuovo artista in residenza presso la Fondazione Zimei. La mostra, che segue il soggiorno dell’artista presso la struttura, è intitolata “Before we get this far” ed è curata dal direttore artistico della fondazione Massimiliano Scuderi.
La coreografia tratta questioni di psicologia sociale ovvero degli aspetti che regolano le relazioni tra individui nella società contemporanea. Hirakawa infatti costruisce delle situazioni, sottoforma di danze o performance, che spiegano il comportamento umano in termini di interazione tra stati mentali e situazioni sociali immediate. In particolare, attraverso le azioni e i comportamenti dei suoi interpreti, scardina i luoghi comuni e i tabù legati alla sfera intima o al rapporto con il corpo e la nudità.

Hirakawa crede che l’attività umana determini la forma della cultura in cui viviamo. La sua ricerca propone di estendere la capacità della percezione umana per favorire questa cultura. In questo quadro, egli sta spingendo i confini della percezione, alterando le opinioni estetiche per il futuro.
Come diceva Jean-Luc Godard, ci vogliono due persone per fare un’immagine e, per questo motivo, gli spazi e l’architettura della Fondazione Zimei diventano i dispositivi attraverso i quali vengono messi in relazione su molteplici livelli le persone, il pubblico e gli interpreti della coreografia, in un gioco di rimandi che lega le parti tra interno ed esterno dello spazio espositivo, attraverso un linguaggio complesso che unisce la performance al video, al cinema e alla fotografia.

Il mondo di Hirakawa si sviluppa intorno ad una memoria filmica. I suoi lavori inducono a pensare alle spazialità di Antonioni e Godard, all’intreccio di Truffaut , Chabrol e Bergman, in un ‘piano sequenza’ emotivo in cui piccoli movimenti sono l’espressione di pulsioni mai rivelate, memorie odiose, amori e desideri che s’insinuano ponendo chi guarda in una situazione empatica e di partecipazione, oltre le sovrastrutture e i vincoli sociali.
Hirakawa è un artista contemporaneo conosciuto a livello internazionale, ha creato numerose opere in fotografia, film, danza, installazione e performance.

Il suo lavoro è stato esposto in oltre 300 occasioni in musei, centri d’arte e gallerie in tutto il mondo, tra cui la Biennale di Venezia, la Biennale di Istanbul, la Biennale di Santa Fe, il Museo Modern Kunst di Francoforte, il Centro Pompidou a Parigi, il Museo PS1 di New York tra gli altri. Ha lavorato in diverse collaborazioni con artisti in altri campi, come poeti, musicisti, coreografi e architetti, oltre a presentare i suoi lavori al Das TAT di Francoforte, al Danse Montpellier, alla Fondation Cartier di Parigi e presso l’Università di Toronto.
La mostra di Hirakawa nasce dalla collaborazione della Fondazione Zimei con l’ACS Abruzzo Circuito Spettacolo, il Mibact e la Regione Abruzzo ed è co-prodotta dalla Fondazione Zimei insieme al gruppo e-Motion.

Si prega cortesemente di rispettare l’orario della performance che avrà inizio alle ore 19.00

In collaborazione con

Data

2017

Luogo

Fondazione Zimei

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